I VARI ULISSE

πολύτροπον (polytropon) è l’aggettivo che racchiude in sé l’essenza di Odisseo, il controverso protagonista del poema pilastro della letteratura antica ed odierna. La sua traduzione è sempre stata motivo di incertezza e di discussione: potremmo tradurlo come versatile, volta faccia, uomo dai molti modi. L’interpretazione che meglio esprime la duttilità dell’anima del figlio di Atena, tuttavia, è multiforme.
Calvino, nella sua raccolta ”Perché leggere i classici?”, individua ben 12 diverse Odissee, implicite, potenziali, o reali. Ne è un esempio la Telemachia, in cui il figlio stesso di Odisseo, Telemaco, avvelenato dalla solitudine e dal caos della corte, decide di mettersi in viaggio per costruire l’identità di suo padre, nella disperata ricerca di un racconto che non conosce. Ma ciò che Telemaco non sa è quale dei tanti racconti cercare. Allo stesso modo, anche noi, comuni lettori, siamo sicuri di sapere a quale Ulisse credere in questo gioco di specchi?

LA CASA DI SPECCHI

Delle 12 Odissee individuate da Calvino, le più interessanti per noi sono:
1. L’Odissea di un eroe, che Ulisse stesso racconta alla corte dei Feaci.
2. L’Odissea di un vagabondo, mercante cretese che dopo aver combattuto a Troia era finito su una nave dei Fenici, poi in Egitto, Libia, Epiro e alla fine era giunto ad Itaca.

L’ULISSE EROE


Quest’Odissea ha inizio nel libro IX, quando Ulisse, alla corte dei Feaci, rivela la sua identità dopo aver chiesto ad un aedo di cantare la storia del cavallo di Troia. Una volta aver rivelato di essere Ulisse di Laerte, distruttore di Troia, gli viene chiesto di raccontare la sua storia, il suo viaggio: Odisseo diventa narratore della sua storia, e ci narra delle sue avventure. Dopo essere partito da Troia con 12 navi, è approdato presso i Ciconi, con i quali è scoppiata una furibonda battaglia — durante lo scontro decide di salvare un sacerdote della città di Ismaro, Marone, il quale, in cambio dell’eroico gesto, gli dona il vino della sua città. Dopodiché è arrivato sulle coste africane, presso i lotofagi, dove perderà parte della sua flotta a causa del famoso fiore di loto, che fa perdere la memoria. La terza tappa del suo viaggio è, invece, la celebre vicenda del Ciclope, che occupa un intero libro del poema. Una volta essere scappato dal Ciclope con il famoso inganno di Nessuno (utilizzando il vino che gli era stato dato da Marone), Ulisse ha incontrato Eolo, dio dei venti, ed ancora Circe, dove resterà per un po’ di tempo. Grazie a Circe intraprende il viaggio nell’aldilà, durante il quale incontra sua madre, Agamennone, Achille e Patroclo. La sua ultima avventura, prima di arrivare alla corte dei Feaci ed incontrare Nausicaa, è stata superare Scilla e Cariddi.

Questa è l’Odissea a cui siamo abituati, quella che diamo per vera e che ha ispirato tantissimi poeti. E se la storia fosse stata inventata da Ulisse stesso? Lo conosciamo come Dio dell’Inganno, eppure non ci è passato per la mente che la sua storia fosse stata accuratamente levigata per renderla più gradevole ai Feaci: ne potrebbe essere un indizio la storia del Ciclope, su cui Odisseo si dilunga particolarmente — i Feaci avevano avuto contatti con i Ciclopi tempo prima, quando avevano dovuto lasciare la loro isola originaria perché troppo vicina a queste creature. Siamo stati troppo ingenui a dare per scontato che il racconto di Ulisse fosse vero?

L’ULISSE MERCANTE


La narrazione di questa possibile odissea inizia nel libro XVI per arrivare fino al libro XVIII:
Ulisse è finalmente riuscito a tornare ad Itaca grazie ad un viaggio compiuto sopra di una nave dei Feaci. La tradizione racconta che durante questo viaggio Odisseo si sia addormentato, come fosse cullato dalle onde del mare e consapevole dell'imminente ritorno in patria, e che si sia svegliato sdraiato da solo sulla riva dell’isola di Itaca con il suo bottino di guerra e con dei doni da parte dei Feaci.
A questo punto, non dovendo Ulisse rivelare la sua identità, inizia un'altra odissea di cui il protagonista non è un eroe glorioso, ma un semplice mendicante. Il primo ad incontrarlo è Eumeo, un porcaio convinto della morte del padrone Odisseo. Il Laerziade interpreterà straordinariamente il mendicante cretese in questione che, dopo aver combattuto a Troia, per una serie di vicissitudini era finito su una nave fenicia, poi in Egitto, in Libia, nell'Epiro ed infine dall’Epiro era giunto ad Itaca, e per ognuna di queste tappe racconta di clamorose storie. Per esempio narra (fin troppo scrupolosamente) di quando, arrivato in Egitto, combatté come un mercenario contro un faraone, purtroppo in una battaglia fallimentare dalla quale tutti erano scappati, e lui, spaventato, abbandonò la spada e lo scudo gettandosi in ginocchio per chiedere pietà (un atto disonorevole per gli antichi greci, basta pensare al destino di Achille!).

E se fosse proprio questa la vera storia di Ulisse? Se “l’eroe” scaltro ed impavido che gode di gloria eterna per questi versi non fosse frutto della mente astuta di questo mercante? Dopotutto questa odissea è tanto degna quanto “la vera” Odissea, l'unica cosa che, dopotutto, non gode della stessa dignità è il protagonista, perché se da un lato abbiamo le avventure di un cretese qualsiasi, dall'altra godiamo delle avventure vissute da un re, un guerriero, un eroe.
Omero potrebbe non aver fatto altro se non dare adito alle straordinarie avventure di un uomo qualsiasi, di un uomo che vilmente ha preferito salvare se stesso piuttosto che combattere per la sua patria, facendole vivere ad un uomo dalle mille qualità (e dai mille difetti).

A questo punto come possiamo dare per scontato che il vero viaggio sia stato quello vissuto dall’Ulisse eroe, guscio più esterno di questa pregiata matrioska? Quanto possiamo essere presuntuosi nel credere che Odisseo, tramite le sue inebrianti parole, sia riuscito a ingannare divinità e persone a lui care e non noi, comuni lettori? Magari l’Ulisse che viene raccontato nell’Iliade, l’Ulisse che cerca Telemaco non corrispondono al protagonista di questo poema, voglioso di consensi. Magari il vero protagonista è proprio quel mercante cretese, che si è smarrito in una grande casa di specchi, alla ricerca di quello che lo rifletta per come è realmente, e magari lo troverà solo alla fine delle sue avventure, presso un vecchio porcaio non troppo sveglio.